27 November 2020

Ci sono alcune cose che tengo nel cuore e porto tutti i giorni alla memoria.

Ho dei pensieri fissi. Non è che dico "ogni giorno alle 13 in punto penserò a questa cosa". Avere un pensiero fisso significa che ogni giorno succede qualcosa che fa pensare a quella cosa lì.

Significa che quel pensiero, quella idea, è una parte così integrante del tuo mondo e della tua visione del mondo che in un modo o nell’altro c’è sempre qualcosa che te la ricorda e che ti mette esplicitamente nella condizione di pensarci. Quel pensiero non torna all’attenzione solo i giorni festivi, o solo i giorni feriali, o solo quando sei sul tram, o solo quando fai qualcosa di specifico. Se hai un pensiero fisso, qualsiasi cosa potrebbe fartelo tornare alla mente.

In generale, tanto più qualcosa è preponderante, tante più sono le altre cose a cui la colleghiamo. Ad esempio, quando una persona viene lasciata, si dice che qualsiasi cosa gli ricorda il partner perduto. E quand’è che supera questa esperienza? Passando un’intera giornata per poi accorgersi che non ha pensato all’ex.

Certo, le esperienze traumatiche hanno conseguenze che possono perdurare anche quando la persona ha smesso di ripensarci esplicitamente, ma questo è un altro discorso che lascio volentieri agli psicoterapeuti.

Tornando a noi, un pensiero fisso può essere sia imposto dalla realtà sia costruito dalla propria visione del mondo, con tutte le sfumature intermedie. Un trauma è imposto, così come anche un dono così grande che cambia la vita: a volte la realtà ci fulmina, nel bene o nel male, e ci impone qualcosa con cui volenti o nolenti bisogna fare i conti, da lì in avanti, ogni giorno.

Altre cose invece non si impongono violentemente ma crescono, maturano piano, frutto delle nostre decisioni, abitudini e scelte quotidiane, più o meno consapevolmente. Entrano a fare parte della visione del mondo, sono la lente attraverso cui pensiamo alle cose e leggiamo le dinamiche che viviamo.

Non basta vedere tutti i giorni qualcosa o qualcuno per averlo fisso nella mente, tanto meno nel cuore. C’è sempre il rischio di assuefarsi, abituarsi, darsi per scontati. Ad esempio, vedo tutti i giorni il corrimano delle scale condominiali, quando esco da casa e quando rientro, ma non ci penso quasi mai: è lì e basta, invisibile.

Io penso tutti i giorni a Dio. Non perché mi imponga di pensarci tutti i giorni, ma perché tutti i giorni succede qualcosa di cui Lui fa parte della chiave di lettura, perché ogni cosa che succede ha Lui come chiave di lettura.

Penso tutti i giorni a mia moglie e ai miei figli, non solo perché li vedo tutti i giorni e tutti i giorni mi relaziono con loro, ma perché il senso delle cose che faccio e che mi succedono coinvolge sempre anche loro.

Penso tutti i giorni ad alcune altre cose, come un certo progetto che non ho ancora realizzato, che non ho ancora visto perché ancora non c’è, ma che nella mia mente è vivo e guizza come un’anguilla.

Chi mi conosce da fuori si fa un’idea di chi sono guardando quello che faccio. Ma quando sono io a chiedere a me stesso “chi sono?”, ho pronti i miei pensieri fissi per iniziare una risposta.


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Ciao, sono Carlo Martinucci, un tizio che ha deciso che il mondo va a rotoli perché le persone si fermano ai titoli.

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